Giulietta e Romeo Official Forum ~ No Shanghai, No Party!

Riccardo, Pasquale, Verona, l'amore, VivaVerdi, luglio/agosto 2005

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stefano baschetta
view post Posted on 18/12/2007, 18:28




Riccardo, Pasquale, Verona, l'amore
di Stefano Micocci

Diretta-differita d'una visione, una pre-visione, un'anteprima assoluta della nuova opera di Riccardo Cocciante e Pasquale "Lino" Panella. Cocciante, da solo sul palcoscenico, interpreta tutti come un one man opera, mostra ai futuri attori cantanti come devono interpretare Giulietta, Romeo, Verona, le risse, la festa, l'amore, la morte, la storia infinita. Artista unico nel panorama italiano, è assistito spiritualmente in platea da Panella, che commenta per Vivaverdi l'eccezionale evento che ha luogo dentro il Colosseo

* Le pietre, l'aria, le persone e la città.
Dal cielo scende l'aria e si fa respirare.
Amore, vita, morte, questa è la città.
Ma c'è nell'aria un odio che si può toccare.
Verona, L'amore, Giulietta, L'amore, Romeo, Verona... *

Roma, che mai come stasera è Roma caput mundi. È il 16 settembre e sono le 21. Il cielo è coperto, minaccioso. L'atmosfera è unica, siamo al Colosseo, dentro il Colosseo. Solo Paul McCartney aveva avuto questo onore. C'è un palcoscenico montato, delle luci non ancora spettacolari che fremono per essere liberate da un maghetto francese, tal Jacques Rouveyrollis, che abbiamo conosciuto e apprezzato nei concerti di Cocciante ai tempi del tour La Grande Avventura. Una impeccabile organizzazione a cura di Friends e Partners, Comune di Roma, Airc, Telecom, la Soprintendenza Archeologica e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che hanno allestito una tribuna per i giornalisti, non solo italiani. E una platea di circa trecento invitati, "crema" della società civile, il pubblico più difficile del mondo! Ma non fa niente, a Cocciante piacciono le grandi avventure e altrettanto le sfide. Quella di Notre Dame de Paris è stata stravinta da Riccardo Cocciante e Pasquale Panella, quest'altra è appena partita: l'appuntamento è a Verona per la prima mondiale, il primo giugno 2007.

La serata al Colosseo sembrerebbe un'anteprimalancio un po' eccessiva e invece si propone un preciso obiettivo, è parte di un vero e proprio progetto: sarà devoluto a favore della ricerca sul cancro, all'Airc, 1 euro per ogni biglietto venduto al pubblico che assisterà alle rappresentazioni di Giulietta e Romeo nel lungo tour che toccherà le principali città del mondo fino al 2015. La prevendita dei biglietti è iniziata già in questo mese di settembre. Ma in questa notte di fine estate l'artista nato a Saigon, vissuto a Roma, Parigi, Miami e Dublino, ce la offre in anteprima, da solo sul palco, one man opera: come un gladiatore, lui con quel fisico solo apparentemente piccolo, in realtà è una forza della natura. Manca poco all'inizio del primo atto, Riccardo sta per interpretare Giulietta, naturalmente Romeo, ma anche Mercuzio e Tebaldo, Fra' Lorenzo e Benvolio, i Montecchi e i Capuleti; le liti, l'affronto, l'odio, l'amore, la festa, la maledizione e la benedizione, le spade, la vita, le ferite, la morte. Tutto da solo. Tutto in una notte. Ed eccolo sul palco, raccoglie i primi applausi, e lui, candido per natura ma anche per scelta, si presenta dicendo con un fil di voce: "Tutto qua". Al pubblico spetta il compito d'immaginare i ballerini e gli immancabili acrobati, le diverse scenografie, i cori, le facce dei futuri protagonisti, le lacrime in scena e quelle emozionate del pubblico degli adolescenti, gli applausi a scena aperta e tutto il resto: a tratti, le vedremo forse, le future immagini, proiettate sulle pietre sacre della storia, ma sarà frutto della nostra immaginazione, uno di quei piccoli miracoli che compiono gli artisti, o meglio, alcuni di loro: Richard Cocciante, nella sua carriera, ne ha fatto qualcuno in più. L'abbiamo visto e ascoltato all'Olympia di Parigi, nel gennaio del '94, cantare in francese per i suoi parigini, ma anche cantare nella stessa città, per 12.000 persone a distanza di pochi giorni, nel grande Auditorium della Città della Scienza, con il pubblico francese che gli richiedeva di cantare qualche pezzo nel suo italiano, per poi spellarsi le mani negli applausi, smentendo ogni pregiudizio culturale da parte loro, nei nostri confronti. E poi quel mese di Teatro Sistina a Roma: 40 repliche del concerto de La grande Avventura, tutto-esaurito ogni sera, ai tempi in cui Gianni Marsili con Paddeu, rilanciavano il Teatro come luogo di musica, ideale per i cantautori . Ma oggi, dentro il Colosseo, è la sera dei miracoli, leggete cosa sta dicendo adesso Cocciante: "Buonasera... Tutto qua. Non c'è altro aggettivo che questo: che sia buona la sera... Il luogo è una meraviglia del mondo. E di questa meraviglia, tra poco romperemo il silenzio. Tutto il resto è semplice, è tutto qua: tra poco ci saranno la musica, le parole, il canto, la luce... la giovinezza spezzata. Che per un autore significa "maturità" . Giulietta e Romeo è anche questo: sopravvivere alla propria giovinezza innamorata perché qualcuno deve raccontarla o, meglio, cantarla... perché il canto rende infinita la vita. Questa non è un'anteprima ma la manifestazione d'un segreto, l'intimo incontro tra musica, parole e canto, quando scena e personaggi sono ancora un luminoso abbaglio. Un segreto che può essere svelato, ad alta voce, una volta sola... Tutto qua. Grazie infinite dal canto nel quale soltanto è infinita la vita, è infinito l'amore".

Prima di farci travolgere dal canto, parliamo con Pasquale Panella, autore del testo di Giulietta e Romeo, sì, prima Giulietta e poi Romeo...

"Giulietta e Romeo è italiana di nascita, come novella che passa di mano da Luigi Da Porto a Masuccio Salernitano, a Matteo Bandello: una novella, non ancora teatro, superiore in Bandello al dramma di Shakespeare, una storia talmente congenita all'uomo. La perdita della giovinezza, l'amore tanto grande in quanto non dura. Questo "non durare" è tanto grande!".

Intanto Cocciante canta:

Giulietta, perché?
Romeo, perché?
Perché questo amore
Muore per amore
Perché?

Insistiamo con Pasquale Panella, l'uomo che dice: "se devo chiedere un parere autorevole, lo chiedo a me", ma noi siamo abbastanza d'accordo con l'opinione che lui ha di lui. Chi lo conosce bene, sa che la sua natura simile a quella di Carmelo Bene, lo avrebbe portato a film suoi tipo Capricci o Nostra Signora Dei Turchi, a dischi suoi, a distanze eccessive dal pubblico di maggioranza. E allora un giorno ha deciso di scrivere canzoni, lui che avrebbe potuto scrivere un libro alla settimana! Cominciò con Enzo Carella, raggiungendo quasi da subito risultati originali, raffinati ma anche graditi dal pubblico. Provò a trottolare con Minghi con successo, mentre tutti conoscono Don Giovanni e gli altri dischi con Lucio Battisti. Notre Dame De Paris, non è una casualità, un colpo di genio, perchè aveva già scritto svariati esperimenti per una via italiana al musical, vere e proprie perle, ma di "bigiotteria", perché è così che definisce il musical: tra i tanti anche un'Odissea per un Ulisse troppo vero come Carella, un artista viaggiatore, uno che a Itaca non è ancora tornato.

"Il loro amore è un oltraggio al mondo e alla contemporaneità! Due che si amano stabiliscono la più assoluta, esclusiva contemporaneità d'essi soli, circondati da esseri risibili e inattuali. L'attualità è essere soli al mondo, soli in due, circondati da cattivi esempi. Chi si ama è un'offesa agli affari, all'amministrazione locale: sto parlando dell'amore in fiamme, dell'amore insensato, della vampa nascente, dell'incendio che sa d'esser doloso. I nostri amori in anticipo sulla vita, quelli che nascono di nascosto, non manifesti per istinto, occultati alle più vicine e basse e alle più lontane e alte gerarchie, l'amore che nessuna forza dell'intero arco parlamentare può rappresentare, che sfugge alla statistica e al sondaggio, all'analisi di mercato, quell'amore senza prodotto. Ma soprattutto, finalmente, senza futuro. L'abbiamo conosciuto, mi vorrei rovinare... parlare del primo amore, dell'amor primo... è importante che Romeo fantastichi all'inizio per Rosalina, ma lo sanno tutti, è il suo amore costruttivo ossia non è l'amore, è dicibile ossia è futuro, è arredamento, è casa, famiglia, figli e un buon lavoro, non è amore, è adeguatezza. Poi Giulietta, il crollo del futuro, l'ora è adesso, la breve eternità umana tra l'usignolo e l'allodola, gli uccellini di Shakespeare che qui, stasera, non ci sono, qui c'è il canto umano, l'usignolo è lui, l'allodola è lei... Giulietta e Romeo è storia nostra, di noi creature viventi, è storia nostra, mortale. Primo in questo senso, l'amore: che l'eventuale secondo o terzo e via non sono che parodia... tutta la vita lo è un po', escluso quell'amore, primo come primo esempio senza dimostrazione. Tutti lo conoscono, anche chi non lo conobbe, perché lo ha sognato... dopo di che morimmo... fermami, non farmi più parlare...". Infatti non parla più, si ferma. "L'amore ferma il mondo..." sussurra quasi segretamente.

Cocciante canta i Montecchi:

Cercate lite voi qui?
La lite siamo
Noi.

E canta il Principe:

Avete un rancore
Che non sa la ragione
Come fosse un amore...

L'Artista, solo in scena, canta i Capuleti e i Montecchi insieme:

Maledizione a Verona
Benedizione a Verona
Se l'odio vince, muore
L'amore vince e muore

Dice Panella: "L'amore breve che preferisce morire piuttosto che continuare ad essere, o diventare, 'mondo'. Quando ero più giovane, volavo con la mia auto, avrei voluto che non esistessero tragedie sulla terra non perché fossi buono ma perché non mi disturbassero. Correvo all'amore... 'il mondo' non poteva darmi che fastidio. C'è odio tra le due famiglie di Verona, un odio precedente alle sue ragioni, c'è il mondo, volano 'parole d'aria', non si sa perché, la ragione è nell'essere umano, e questi esseri umani la trovano: si odiano perché loro due si ameranno. Si ameranno? Sì. E, in quel momento, la parola politica, la parola affaristica diventerà tremante parola d'amore, fine a se stessa e delirata in due. E questo non va bene al mondo, è cosa dell'altro mondo: la stessa circolazione delle merci è frutto di una controversia, c'è chi ce le ha e chi vuole averle e c'è chi ne ha bisogno, e in mezzo cosa c'è? L'ingaggio di un duello, la contrattazione... L'amore è un abbaglio, rende ciechi e disinteressati se non all'amore. E' una lotta tra due cecità, l'altra è quella dell'odio. L 'amore nascente, questa grande tentazione, questo squilibrato tentativo... ma siamo nel mondo... appare subito il suo acquirente: una morte sollecita... c'è convenienza... può sembrare incredibile, c'è convenienza anche per gli amanti. Diventano, anche loro, subito merce, alimenti del sogno, della leggenda, scena, novella, teatro, finzione della nostra morte innamorati. In musica. Parole d'aria dell'odio, parole d'aria dell'amore, arie musicali...".

Bella questa teoria di Panella, l'amore non muove il mondo, casomai lo ferma, e poi questo titolo, prima Giulietta e poi Romeo... Shakespeare non è nemmeno citato. In italiano questo titolo ha anch'esso una sonorità amorosa: Giulietta e Romeo sono già un abbraccio.

"Sono due adolescenti, due bambini... due pazzi d'amore, le famiglie due maniche di stronzi, il mondo è quello che è, ossia altro da loro. Cosa credi che cerchino? Un posto nascosto, una notte, gli occhi negli occhi, chiusi... o lì, così, o in nessun posto. Tutto questo cos'è? Non è mondo, volendo, non è nemmeno vita. La vita, con le sue premure - dove, quando, come - è un intralcio, un ostacolo. L'amore abbatte il mondo come barriera, come spalliera d'edera oltre la quale non c'è altro che il posto per farlo, l'amore. Cosa vuole la voglia? Esaudirsi, spirare... Nei due duelli Tebaldo, il cugino di Giulietta, urla 'questo lo scanno' ossia Romeo, l'altro seme... di mezzo c'è Mercuzio... il seme sprecato, la giovinezza. Muore ammazzato per errore, come una figura metaforica tolta di mezzo, una ridondanza della giovinezza, un'iperbole. Romeo uccide Tebaldo perché lui ha ucciso Mercuzio, e questi due muoiono scivolando sul corpo di Romeo: giovinezza che se ne va. È il dramma dell'ovvio, la bella banalità: eccezionale è la sua messa in scena... è sempre un corpo a corpo con la banalità! Così per i duellanti, così per noi. Siamo tutti un po' tiranni, eleviamo la banalità al rango di ministra delle cose del mondo, di ministra per lo spettacolo. Giulietta e Romeo, poi il nulla, un nulla che si fa strada torpidamente, con la spietata espansione della nebbia o del sipario. Un veleno assopisce Romeo che svanisce dormendo, lei si sveglia dalla sua narcosi, il cuore le batte e poi le scoppia, lei lo sente squarciarsi, lo induce a spaccarsi... È il momento dell'espansività: lei muore per l'esplosione del sentimento, il cuore, espanso, scoppia... tutto accade dentro, non c'è sangue né spadino, è la morte in sé, occulta e occultata come l'amore, la morte è l'amore, il petto di Giulietta è il più intimo palco nascosto, su questo palco di teatrale intimità forse già troppo esposta. Si vede che i due muoiono ma non si vede dove... e, finalmente, l'amore è eterno, diventa 'amor da morti', 't'amo fino a morire' va oltre, entra nel linguaggio, nella chiacchiera d'amore dei vivi in platea, se ne esce dal teatro, defluisce e va per strada, entra nel loro arredamento ma dura più della lavatrice e del tinello, entra come un tarlo nei mobili. L'opera è una deflagrazione, nella sua semplicità, è il racconto della fine, colpisce i protagonisti ma risparmia il pubblico. La morte di una ragazza è odorosa, aromatica, infinita, è una forma di vita altrui. È una canzone che, finendo, non finisce più, alle volte, di ricominciare. E gli voglio bene a questa canzone, a questa forma breve, a questo dispiacere di perdere la giovinezza, dispiacere che essa insinua sempre coi suoi versi e la sua musica. Dispiacere insieme al sospetto, quale sospetto? Un dubbio forse... spezzata la giovinezza resta quel dubbio... quale? Un vero sospetto e un vero dubbio sono indicibili. E io non voglio dirli, anzi, più vanitosamente, non so dirli. Vorrei parlare a vanvera e, quanto lo vorrei, non avere recensori, per favore... a un certo punto la questione è tra te e il pubblico, tra te e te stesso quando, come adesso, sei in platea... tu, io...".

Due ore di canto estremo, Cocciante comincia a carburare, non è stanco, anzi felice per la sfida vinta, è la fine del secondo atto, incrocia il canto di Fra' Lorenzo, dei Montecchi e dei Capuleti:

Perché la vita invidia / questo amore e l'uccide
Questa vita, che è viva, uccide / questo amore che
muore qui
L'amore che non vivrà mai / e che mai morirà
Perché?

Edited by Krishoes - 18/12/2007, 18:48
 
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